MODELLISMO NAVALE


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PIRATI

Cenni Storici

La storia della pirateria quasi coincide con quella della navigazione.Agli inizi, il commercio e la pirateria furono esercitati dalle stesse persone, a seconda delle convenienze. Pirati furono i Fenici, i Greci e gli Etruschi (anche detti Tirreni, da cui il nome del mare). Quando questi popoli iniziarono a creare ciascuno le proprie colonie oltremare, si trasformarono in spietati nemici dei pirati. Nel mondo antico, divenne proverbiale la fama dei pirati della Cilicia, regno sulla costa meridionale dell’attuale Turchia. Le loro flotte erano una vera potenza navale che per lungo tempo dette filo da torcere anche a Roma. Solo una dispendiosa e massiccia campagna militare condotta da Pompeo riuscì a debellare il fenomeno, ma non ad estirpare per sempre la pirateria dal Mediterraneo.
Nell’alto Medioevo, tristemente famose furono le scorrerie dei pirati danesi, poi conosciuti con i nomi di Vichinghi, di Normanni e di Russi (rus significa “rematore”). Infatti, la risalita dei fiumi dal mar Baltico condusse i Vichinghi, di conquista in conquista, nelle steppe russe e fino al mar Nero. Intanto, nel Mediterraneo imperversarono, dal X al XVII secolo, i Saraceni o i pirati Barbareschi Anche le nostre Repubbliche marinare non disdegnarono le azioni piratesche, di preferenza fatte passare per guerre preventive.

La pirateria moderna inizia nel XVII secolo nel Mar delle Antille ed in meno di mezzo secolo si estende in tutti i continenti; il Mar delle Antille rimane ad ogni modo il centro della pirateria sia perché là i pirati riescono a godere di una serie di appoggi e favori sulla terraferma sia perché le numerose isole presenti sono ricche di cibo e i fondali bassi impediscono inseguimenti da parte delle già lente navi da guerra.
Tra le cause dello sviluppo della moderna pirateria vi fu l'azione di Francia ed Inghilterra che, per contrastare la Spagna nel mare dei Caraibi, finanziarono vascelli corsari che saccheggiassero i mercantili spagnoli. Successivamente, sia per il venir meno dell'appoggio anglo-francese, sia per una acquisita abitudine allo stile di vita libero ed indipendente molti corsari divennero pirati.

Nel 1717 e 1718 Re Giorgio I d'Inghilterra offre il perdono ai pirati nella speranza di indurli ad abbandonare la pirateria ma il provvedimento si dimostra di nessuna efficacia. Per rendere i mari più sicuri si organizza allora una sitematica "caccia ai pirati" da parte di navi corsare specificamente autorizzate dai governi per combattere i pirati. Infatti, sebbene nel momento della sua massima espansione, attorno al 1720, i pirati dell'Atlantico non superassero il numero di 4.000, essi furono in grado di porre una pesante minaccia sullo sviluppo capitalistico dei commerci tra Inghilterra e colonie. Ciò fu reso possibile, oltre che dalla oggettiva difficoltà di opporsi alla pirateria, da alcune cause più generali. Con la pace di Utrecht, la fine della guerra di successione spagnola ed il nuovo equilibrio tra potenze che si venne a creare a partire dal 1714, le marinerie militari di Francia, Spagna e Gran Bretagna furono molto ridotte e da quel momento fino al 1730 circa vi fu anche un certa diminuzione dei commerci internazionali. La disoccupazione che colpì i marinai, la drastica diminuzione dei salari che ad essa si accompagnò, ed il contemporaneo peggioramento delle condizioni di vita a bordo di vascelli spinse un gran numero di marinai verso la pirateria che prometteva loro guadagni più facili e condizioni di vita più umane.

Il covo più famoso dei pirati fu un'isola a forma di tartaruga, detta San Cristoforo (o Tortuga, nei pressi della Giamaica).
Diverse erano inoltre le aree considerate ad alto rischio perché infestate dai pirati. Tra queste la zona dello stretto di Gibilterra, il Madagascar, il Mar Rosso ed il Golfo Persico, la costa indiana di Malabar, tutta l'area tra le Filippine e l'Indonesia dove spadroneggiavano i pirati filippini mentre il Mar Cinese meridionale ospitava la più numerosa comunità di pirati, circa 40.000 all'inizio dell'Ottocento, e la più temuta per le atrocità di cui si rendevano responsabili.

La vita a bordo di una nave Pirata era piena di contrasti. Sulle navi non mancava il lavoro per l'equipaggio impegnato in una costante manutenzione della nave. Le regole per la ciurma erano poche ma alcune molto dure:
1. Ognuno ha il diritto di voto, a provviste fresche e alla razione di liquore.
2. Nessuno deve giocare a carte o a dadi per denaro.
3. I lumini delle candele devono essere spenti alle otto.
4. Tenere sempre le proprie armi pronte e pulite.
5. Donne e fanciulle non possono salire a bordo.
6. Chi diserta in battaglia viene punito con la morte o con l’abbandono in mare aperto.

I pirati prendevano le loro decisioni in maniera collettiva: non esisteva un leader assoluto, il capitano veniva eletto da tutta la ciurma riunita (dall'ultimo mozzo al timoniere) per effettuare le scelte relative alla conduzione del vascello e il bottino veniva diviso in quote uguali assegnando in certi casi due quote al capitano e una e mezzo al nostromo.

La pirateria è un fenomeno ancora attuale, i pirati d'oggi hanno armi sofisticate, ma usano le stesse tecniche di abbordaggio. Attaccano navi mercantili disarmate e inoffensive, in alcuni casi uccidono i marinai e s'impossessano del carico.
Si calcola che le perdite annue ammontino tuttora a una cifra compresa tra 13 e 16 miliardi di dollari a causa degli abbordaggi nelle acque degli Oceani Pacifico e Indiano, in particolare negli stretti di Malacca e di Singapore dove transitano annualmente più di 50.000 carghi commerciali. I più pericolosi sono gli indonesiani, che nel 2000 si sono meritati il nome di "feroci pirati" per aver depredato 86 mercanti. Mentre il problema si presenta saltuariamente anche sulle coste del Mediterraneo e del Sud America, in America del Nord e nel Mar dei caraibi la pirateria è stata debellata dalla Coast Guard degli Stati Uniti.

La differenza più evidente per i pirati, rispetto ai corsari o nemici di altre navi battente bandiera diversa dalla loro, era che questi ultimi, se catturati, soggiacevano alle norme previste dal diritto bellico marittimo, venendo imprigionati, al pari di un qualsiasi prigioniero di guerra, mentre i pirati catturati erano sommariamente giustiziati, in genere per impiccagione alla parte terminale del pennone di un albero maggiore (di solito albero maestro perchè il più alto), al fine di fornire una tangibile prova della potenza della giustizia umana e fungere al contempo da salutare ammonimento per chi fosse tentato d'intraprendere una simile attività.


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